Recensione critica. L’adesione a questa iniziativa, per Barbara Ponti, è evento che scaturisce da inclinazioni naturali. Ne è coinvolta come in una sorta di antinomia tra nemesi e anamnesi che ne impagina il percorso fin dai primi anni formativi, sostentandola ad un punto d’arrivo, oggi infine traguardato nel paradigma del
simbolo. L’ultima produzione, la vide presentare nel 2011 nella galleria “Il Rivellino” di Ferrara (e a seguire in altre sedi espositive) un ciclo di tele dedicate all’ “
Evocazione dell’Io”. Opere di carattere introspettivo, dove l’artista indagava se stessa alla ricerca di risposte interiori, in una sorta di altalena tra tesi e antitesi. In quelle tele, la sua meditazione la portò ad esprimersi attraverso metafore semantiche e visive, dove gli “
alberi viventi” (umanità incatenata dai propri limiti-radici) si trasformava, alla luce di rivelazioni dell’Io, in “
gametiche farfalle-essenza” (spiriti-illuminati). In quel torno d’anni di “palestra” interiore, la pittrice pergiunge alla consapevolezza, che la profonda verità di ogni nostra domanda passa per il tramite della rivelazione di un simbolo. Il simbolo dunque diviene elemento elettivo, custode e tramite di archetipi ancor oggi attuali, riconoscibili se decodificati, liberatorii. Scopre dunque le sue radici, e non è un caso se nell’opera “In volo” – conclusiva della serie Evocazione all’Io – trasfigura se stessa in una “farfalla-essenza”. E ancora non è un caso, se la coppia gametica, dove si rappresenta finalmente librata in volo (e da lei felicemente definita “la somma dei contrari”), è allusivamente dipinta in cromie bianche e nere: i colori della bandiera estense: che qui assume la dignità eponima di “bandiera-radice”. La liberazione della “somma dei contrari”, esemplata sulla sua ricerca interiore, diviene poi la trasfigurazione del simbolo del cavallo alato che, da sempre, incarna la libertà: “
Pegaso”. Dall’esposizione al Rivellino del 2011 ad oggi, Barbara si è misurata in un incessante dialogo interiore, il cui eco ha come contralto figurativo la storia araldica e i miti della casata estense. E’ quella degli Este un’epopea straordinaria, oggi attualizzata dal rivivere annuale dei fasti del palio, che nelle insegne araldiche di ogni contrada, inscena e replica a nuova vita motti ed emblemi estensi, in un orgoglioso connubio simbiotico tra passato-presente. Nasce la serie dei “Pegaso” (libertà) e degli “Unicorno” (purezza), a ricordarci che nel dedalo delle nostre intricate esistenze, v’è sempre un filo d’Arianna, capace di ricondurci alla bellezza (
kalagos) e talvolta anche capace di riavvicinarci al
dàimon (bellezza suprema).